Napoli è una capitale della gastronomia e del gusto. Sono tante le prelibatezze che caratterizzano il capoluogo partenopeo, appartenenti ad una cultura culinaria che affonda le sue radici nei secoli.
Tra le bontà più diffuse a Napoli c’è sicuramente la pastiera, tipico dolce della tradizione pasquale.
La storia di questo dolce è ricca di aneddoti e di leggende. Ma dove e quando nasce precisamente la pastiera napoletana? Scopriamolo insieme in questo articolo.
La pastiera napoletana: la storia del dolce
Le leggende intorno alla nascita della pastiera sono veramente tante. La più famosa vuole che sia stata la sirena partenope a far nascere questo dolce. In particolare, il mito risale alle feste pagane dell’epoca romana della Neapolis, che consistevano nella realizzazione di offerte votive da effettuare nel periodo della Primavera. Il mito è legato al culto di Cerere: le sacerdotesse portavano in processione un uovo in onore della dea della Terra e della fertilità. L’uovo rappresentava infatti il simbolo della rinascita.
Un’ulteriore leggenda invece riporta la storia di alcuni pescatori che, a seguito di una tempesta che durò per due giorni, rientrarono sulla terra e raccontarono agli altri di essere sopravvissuti grazie alla pasta di ieri, la cui ricetta consisteva in ricotta, uova, grano e aromi. Da qui il nome pastiera, che da allora fu associato al simbolo di rinascita per aver salvato la vita ai pescatori.
Alcune fonti storiche fanno risalire la nascita della pastiera al 1693. Infatti, la ricetta di questo dolce è stata rinvenuta per la prima volta in un trattato di cucina dell’epoca scritto da Antonio Latini, intitolato Lo scalco alla moderna. Latini è stato uno dei cuochi più conosciuti della sua epoca, tanto da arrivare a lavorare anche per il primo ministro del vicerè Francisco de Benavides. Il dolce descritto dal cuoco di Fabriano aveva come ingredienti il grano, la ricotta, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa mischiata, formaggio e latte di pistacchi.
Inoltre la pastiera venne menzionata anche all’interno della favola della Gatta Cenerentola realizzata nella prima metà del ‘600 da Giambattista Basile:
«E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato.»
Un’ulteriore testimonianza del dolce viene fatta risalire al 1700 e in particolare al convento di San Gregorio armeno.
Nel XIX secolo fu invece Ippolito Cavalcanti a redigere la ricetta che ancora oggi viene utilizzata dai napoletani per preparare il dolce. Il cuoco partenopeo inserì la ricetta nel compendio Cusina casarinola all’uso nuosto Napolitano, che faceva parte del trattato di Cucina teorico-pratica, in cui vennero raccolte tutte le pecularietà culinarie di questa terra.
Ingredienti della pastiera per 10 persone
- 1 barattolo di grano cotto (circa 600 gr.)
- 700 gr. di ricotta
- 500 gr. di zucchero
- 5 uova
- 70 gr di arancia candita
- 70 gr di cedro candito
- 1 una buccia di limone grattugiata
- 1 bustina di vanillina
- 100 gr. di burro
- 250 ml latte
- 3 fiale di essenza di fior d’arancio
- 3 cucchiai di liquore Strega
- un pizzico di cannella in polvere
- 700 gr pasta frolla
La ricetta della pastiera napoletana
Per preparare la pastiera napoletana bisogna innanzitutto mettere il latte, il grano, il burro, una buccia di limone e una bustina di vanillina in una pentola. Il grano deve essere a chicchi (vanno bene sia quello tenero che quello duro). In seguito bisogna far sciogliere il preparato a fuoco lento e mescolare. Al termine di questo processo è necessario far raffreddare il tutto per un po’.
La tappa successiva consiste nel porre in una ciotola la ricotta con lo zucchero al fine di ottenere una crema. Dopo aver combinato il grano e la crema ottenuta, bisogna sbattere e aggiungere le uova, mescolando il tutto. In questa fase vanno aggiunti i canditi, il liquore, i fiori di arancio e la cannella.
Infine, l’intero composto va versato in una teglia, decorato con le strisce e infornato a 180 gradi per circa mezz’ora.